La popolazione percepisce i rifiuti come fonte di elevato rischio per la salute sia perché effettivamente influenzata da cattive esperienze nel passato, sia perché spesso condizionata da allarmismi, non sempre giustificati.
Tuttavia, è vero che una gestione dei rifiuti solidi può essere fonte di rilevanti problemi ambientali ed igienico-sanitari, quando effettuata in modo non corretto o poco controllato o quando non svolta affatto, come avviene in molte Economie meno sviluppate e, purtroppo, anche in alcune zone del nostro Paese. La consistenza e rilevanza di questi problemi si consolida però nella popolazione sempre più spesso per via emozionale piuttosto che oggettiva. L’informazione ai cittadini da parte del mondo scientifico è limitata mentre i messaggi prevalenti che influenzano profondamente il giudizio dei cittadini rimangono quelli divulgati dai social media, con poca attinenza ad una base scientifica. Questi sempre più spesso estremizzano il problema portando ad un immobilismo che di fatto rappresenta un reale pericolo per la salute dei cittadini.
Le direttive europee in materia di gestione dei rifiuti hanno avuto tra i loro primi obiettivi quello di proteggere la salute dell’uomo e dell’ambiente e molti progressi sono stati fatti nel definire i metodi di valutazione degli impatti delle singole attività e dei singoli inquinanti sull’ambiente e sulla salute.

La corretta gestione integrata dei rifiuti, che si basa su una gerarchizzazione e una integrazione delle pratiche di gestione, rappresenta una delle azioni da perseguire all’interno dell’Economia Circolare, un modello economico innovativo basato sull’uso efficiente delle risorse e volto alla chiusura dei cicli dei prodotti e alla riduzione degli sprechi lungo tutta la catena di valore.
L’Economia Circolare invece segue i principi della rigenerazione dei materiali e della creazione di valore nei processi, nei prodotti e nei servizi promuovendo il prolungamento del ciclo di vita dei prodotti e delle risorse con lo scopo di ottimizzare la produzione di beni, ridurre i consumi, gli scarti e i rifiuti, basandosi su approcci partecipativi che tengano in conto orizzonti temporali più estesi del breve termine. In un’economia di tipo circolare il valore di prodotti, materiali e risorse viene mantenuto il più a lungo possibile e la produzione di rifiuti materiali, viene ridotta quantitativamente e migliorata qualitativamente.
Ciò comporta che la prima finalità da perseguire è quella di ridurre la produzione e la pericolosità dei rifiuti (prevenzione) e ciò avviene mediante: a) l’efficientamento dei processi di produzione; b) la crescita della consapevolezza, responsabilità e collaborazione da parte dei consumatori sia nella fase di acquisto dei prodotti sia in quelle del suo utilizzo e conservazione; c) con azioni di sistema.
Nel momento in cui il prodotto diventa rifiuto per perseguire l’economia circolare occorre incentivare il riuso e il riciclo dei materiali valorizzabili che compongono il rifiuto. Attori di questo modello economico sono le istituzioni che devono fornire strumenti normativi ed economici, i produttori che devono essere pronti ad innovare, la ricerca che deve fornire gli strumenti tecnici e anche i cittadini, informati e coinvolti nei processi di governance.

Tuttavia è importante non confondere la chiusura dei cicli con un sistema, ad oggi non realizzabile, in cui non si hanno più rifiuti da smaltire (Figura 1). Posto che le azioni messe in campo devono seguire quanto stabilito nella gerarchia di gestione dei rifiuti e dunque la prevenzione è la prima priorità, seguita, in ordine da riuso dei prodotti, riciclo dei materiali, recupero energetico e smaltimento in discarica, emerge la necessità” di impianti di trattamento e smaltimento finale, che devono comunque perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale.
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